Nella finta guerra tra USA e Cina, solo opportunità di investimento

In borsa e non solo. Le regole sono quelle della ‘competition & cooperation’ di Mario Draghi. La "dottrina Erdogan", un dittatore con cui bisogna però lavorare insieme perché è nel nostro interesse.

(WSC) MILANO – Come riusciranno gli americani a vincere la “seconda guerra fredda”, quella con la Cina? Se lo è chiesto qualche giorno fa sul New York Times il premio Pulitzer Bret L. Stephens, con un passato al WSJ e al Jerusalem Post, per rispondersi che bisogna fare come con i sovietici, sfruttare le debolezze dell’avversario. Nel caso dell’Impero del Male la debolezza si chiamava Comunismo, l’attuale superpotenza asiatica invece di debolezze da sfruttare, secondo Stephens, ne ha ben tre: nazionalismo, culto della personalità e repressione feroce delle libertà spirituali e religiose. Da quando Trump ha dichiarato la “guerra dei dazi” ormai quattro anni fa, aprendo un confronto a tutto campo dal commercio alla tecnologia che il suo successore Biden sembra intenzionato a portare avanti, si parla molto di nuova guerra fredda. Ma il raffronto con i 30 anni di contrapposizione tra potenze occidentali e orso sovietico, divisi dalla “cortina di ferro” in Europa, che avevano trasformato il resto del mondo in un grande campo di battaglia tra le due superpotenze, presenta più differenze che somiglianze. Soprattutto se guardato dal punto di vista dell’investitore, che durante la guerra fredda storica si è dovuto affidare soprattutto al reddito fisso, mentre dopo il collasso dell’URSS ha trovato le maggiori soddisfazioni nell’investimento azionario.

INDICE S&P 500 DAL 1927

(AGGIUSTATO PER L’INFLAZIONE, RECESSIONI IN GRIGIO)

TREND SECOLARE DELL’AZIONARIO

Il grafico qui sopra mostra infatti un andamento sostanzialmente ‘laterale’ di Wall Street durante i 30 anni della guerra fredda, punteggiato da numerose recessioni. Dopo il collasso sovietico si è invece innescato un trend secolare dell’azionario, sostenuto anche dallo spostamento di risorse di capitali ingenti dalla corsa agli armamenti allo sviluppo tecnologico civile, simbolizzato da Internet. L’affermazione della Cina come super potenza economica globale ha assecondato e accelerato il processo. Nella guerra fredda la sfida era ideologica, politica e militare e ciascuno dei contendenti voleva imporre al resto del mondo il proprio modello, i sovietici il comunismo e gli americani la versione capitalista della democrazia, con l’obiettivo di eliminare dalla scena l’avversario. Anche oggi americani e cinesi competono per il primato mondiale, ma giocano allo stesso gioco, quello del capitalismo e dei mercati, anche se interpretato in modi diversi. Le regole sono quelle della ‘competition & cooperation’, ben sintetizzata nei giorni scorsi da Mario Draghi nell’esposizione della sua ‘dottrina Erdogan’, un dittatore con cui bisogna però lavorare insieme perché è nel nostro interesse.

IL CASO DELLE TERRE RARE

La pandemia sembra aver accelerato il processo, come ha fatto per altri trend secolari come la digitalizzazione e la transizione energetica, indirizzando una globalizzazione disordinata verso un nuovo ordine bipolare, che non a caso vede i due attori principali uscire meglio dalla crisi dal punto di vista economico. La rivoluzione digitale e la transizione energetica aprono nuove frontiere di competizione in campi di cui solo pochi anni fa neppure si parlava, come i 17 minerali racchiusi nelle terre rare, essenziali sia per lo sviluppo delle nuove tecnologie digitali, come i superconduttori, sia per l’avanzamento nell’energia pulita, dalle auto elettriche alle turbine eoliche. La Cina è il principale produttore e ha cercato di mettere le mani anche su quelle della Groenlandia, respinta da un referendum. Ma deve giocarsi la partita stando dentro il perimetro delle regole del capitalismo e del mercato, che è fatto di investitori globali che ‘votano con i piedi’ e sono pronti ad andarsene a gambe levate se hanno il sospetto che il padrone di casa del posto dove hanno allocato i portafogli trucchi le carte.

INVESTITORI GARANTITI DA INTERESSE COMUNE

L’intreccio di interessi comuni tra Stati Uniti e Cina è comunque talmente fitto da garantire gli investitori sulla possibilità che il confronto si trasformi in scontro aperto. I cinesi hanno investito gran parte delle loro sterminate riserve valutarie in Treasury e hanno bisogno dello sterminato mercato dei capitali americano per finanziare gli investimenti nello sviluppo industriale e tecnologico, mentre gli americani hanno bisogno di consumatori cinesi con capacità di spesa crescente sia per alimentare le esportazioni delle proprie multinazionali sia ancora di più per aprire un nuovo immenso mercato all’industria del risparmio gestito, dominata a livello globale da colossi a stelle e strisce, da BlackRock in giù. Il nuovo ordine bipolare sembra proprio un moltiplicatore di opportunità di investimento, che con la space economy, che non vuol dire solo il turismo spaziale di Elon Musk ma anche l’accesso potenziale a nuove risorse minerali, si allargano oltre i confini dell’atmosfera terrestre.

BOTTOM LINE

Per l’investitore globale un mondo che moltiplica le opportunità di investimento è sicuramente una buona notizia, ma anche un potenziale moltiplicatore del rischio, quindi un ambiente in cui il ‘fai da te’ è altamente sconsigliabile mentre è altamente raccomandabile se non obbligatorio il ricorso a una consulenza professionale e collaudata. Anche perché un anno dopo la ghiotta occasione di entrare sui minimi causati dal panico, oggi il percorso sembra più accidentato, almeno nel breve termine.

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