Anche grandi gestori puntano sull’oro: fa meglio di Buffett

Manager dei fondi multi-asset cercano di investire in gold e fonti alternative per scongiurare perdite in un contesto di tassi zero.

Negli ultimi 20 anni l’oro ha fatto meglio del mercato azionario e persino di Warren Buffett. Sebbene non debba essere considerato un investimento vero e proprio, bensì un’assicurazione contro rischi futuri, il metallo prezioso è diventato il bene rifugio d’eccellenza non solo per i piccoli investitori.

In vista di un trimestre che si preannuncia molto volatile, l’ultimo dell’anno, anche i grandi gestori multi-asset cercano di investire in oro e altre fonti alternative per mettersi al riparo da cattive sorprese. Le incertezze intorno alla Brexit, la paura di una escalation della guerra commerciale tra Usa e resto del mondo e lo spettro di una recessione in Usa, sono tutti fattori negativi che spingono alla cautela.

Alcuni dei più importanti gestori dei fondi multi-asset stanno modificando la composizione dei loro portafogli di investimento, riducendo l’esposizione all’azionario e aumentando invece quella a oro, bond governativi e valute. L’obiettivo è quello di incamerare guadagni anche in un contesto sempre più nervoso sui mercati.

A parte i catalizzatori sopracitati, ad alimentare la tensione sono anche l’impazienza di Donald Trump nei confronti della Federal Reserve e la frenata dell’economia mondiale, anche in Cina. Tutto ciò sta creando una sensazione di déjà vu per i money manager, che pertanto preferiscono evitare perdite pesanti come accaduto l’anno scorso o – ancor peggio – all’alba della grande crisi finanziaria.

Volatilità sotto controllo finora, ma si teme déjà vu 2018

Il quarto trimestre dell’anno scorso è stato caratterizzato da un’elevata volatilità. La disputa commerciale sino americana, l’indebolimento del quadro macro in Cina e i toni da falco della Fed sono tutti elementi che hanno contribuito a creare tensione.  L’indice VIX – cosiddetto della paura – ha toccato i 24 punti il 26 dicembre 2018, oltrepassando anche la soglia raggiunta all’apice della bolla dot com.

L’ultima volta che l’indice della volatilità di Wall Street aveva superato quel livello è stata tre giorni dopo che il Dow Jones aveva toccato i minimi dell’ultima fase ribassista a 6.594 punti, nel bel mezzo della crisi subprime. Da inizio anno il VIX è in calo del 35,5%, ma in agosto ha risalito la china, soprattutto per via dei nuovi dazi imposti da Donald Trump su $300 miliardi di beni cinesi.

Nel frattempo nel mercato obbligazionario ci sono 17 mila miliardi di dollari di bond governativi che offrono rendimenti negativi. Persino alcuni junk bond scambiano in territorio negativo, un chiaro segnale del fatto che gli investitori si stanno rifugiando in lidi sicuri per paura che i mercati non possano continuare a scambiare sui livelli attuali.

Come cambiano portafogli di investimento dei gestori

Georgina Taylor, co-manager del Global Targeted Income fund di Invesco spiega a Investment Week che il suo team sta facendo il possibile per “navigare in questo contesto economico precario”. Una delle strategie principali è quella di allontanarsi dagli asset ‘core’ tradizionali e “cercare di scovare anomalie e opportunità in grado di creare valore”.

“Il mondo si sta adeguando al contesto di bassa inflazione e tassi di interesse all’infinito, ma questo nuovo paradigma non è scontato in tutti i mercati del mondo. Anche il mercato europeo non fa eccezione, per esempio sorprende il fatto che la Svezia abbia tassi relativamente più alti rispetto a quelli dell’area euro”.

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