Ricerca: chi ricorda di più sa fare meno cose contemporaneamente

Buona memoria, poco 'multitasking', spiega l'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). A gestire il “traffico” è un gene, il Comt.

Essere in grado di ricordare in modo efficiente il passato e l’abilità di compiere con successo più operazioni contemporaneamente (multitasking) non possono convivere negli stessi soggetti per ragioni legate alla genetica.

È quanto svela uno studio condotto da un team di ricerca guidato da Francesco Papaleo dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), in collaborazione con le Università dell’Insubria, di Padova e di Cagliari, appena pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry.

Ogni giorno il nostro cervello è sottoposto a continui problemi che richiedono soluzioni immediate ed efficienti, quale ad esempio l’esecuzione di più compiti contemporaneamente, detto multitasking. I ricercatori IIT in questo studio, che vede Diego Scheggia come primo autore, hanno scoperto che l’efficienza nel multitasking è regolata su base genetica dal gene chiamato Comt e che una variazione del gene, – spiega l’IIT – riscontrabile circa nel 25% della popolazione, potrebbe portare ad una sua iperattività con conseguente diminuzione della capacità di multitasking. Viceversa, questa stessa variazione genica aumenta le facoltà di memorizzazione a lungo termine.

Il gene Comt è infatti un importante regolatore del sistema dopaminergico e, si è scoperto con questa ricerca, anche del sistema endocannabinoide, complessi di sostanze che sono responsabili di numerose funzioni metaboliche anche legate al sistema nervoso, come la memorizzazione a lungo termine e il multitasking i cui centri di controllo risiedono nella corteccia prefrontale.

Grazie ai risultati di questo studio sarà possibile sviluppare nuove strategie terapeutiche in grado di trattare patologie quali schizofrenia o disturbi post-traumatici da stress – malattie caratterizzate da alterazioni cognitive, del multitasking e della capacità di immagazzinare informazioni a lungo termine – personalizzando la terapia anche in base al livello di attività di Comt che viene determinato dal nostro corredo genetico.

Inoltre queste informazioni genetiche ci possono anche suggerire chi può essere più soggetto ad effetti avversi di farmaci di varia natura o sostanze psicotrope, quali la cannabis. Infatti, lo studio ha dimostrato un coinvolgimento diretto del gene Comt nella regolazione del sistema endocannabinoide, il maggior target influenzato dall’introduzione di cannabinoidi nel nostro organismo e fondamentale per il corretto funzionamento del nostro cervello.

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